martedì 20 aprile 2010

Novità sul delitto Pasolini

Da www.pasolini.net


ROMA - E’ stato ascoltato dal pm per più di due ore. Ha fatto nomi, fornito dettagli, descritto persone. Si chiama Silvio Parrello, 67 anni, in arte “er pecetto”, soprannome col quale viene citato anche nel romanzo “I ragazzi di vita” (1955). Conobbe Pasolini ai tempi in cui lo scrittore viveva in via Fonteiana, a due passi dalla case popolari di via Donna Olimpia. Per anni ha raccolto informazioni, confidenze di piccoli e grandi malavitosi, indiscrezioni, ma non solo voci.


Certe cose Parrello, insomma, le ha sempre dette. Solo che questa volta davanti a lui c’era Francesco Minisci, un pm che all’epoca aveva solo 3 anni. Parrello è stato convocato venerdì scorso come «persona informata dei fatti». La sua testimonianza era stata già registrata e raccolta dall’avvocato romano Stefano Maccioni e dalla criminologa Simona Ruffini.


Al pm “er pacetto” ha raccontato quello che nel quartiere si dice da sempre. Vale a dire che subito dopo la morte del poeta, unaAlfa Romeo quasi identica a quella di Pasolini, sarebbe stata portata in una carrozzeria sulla via Portuense. «Era sporca di sangue e di fango, aveva una botta sulla fiancata», ha detto Parrello al magistrato.


“Er pecetto” in passato era stato già sentito dall’allora presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino e dall’avvocato di parte civile Guido Calvi. Questa volta però ha fatto i nomi. Quello del carrozziere, e, in particolare, quello dell’amico dal quale ha raccolto tutte le sue confidenze. E ha anche aggiunto il nome di un altro carrozziere che vedendo l’Alfa in quello stato e collegandola al delitto si era rifiutato di ripararla.


Ad avvalorare la versione è la relazione del perito di parte Faustino Durante. Il primo ad ipotizzare subito dopo l’omicidio che a schiacciare Pasolini fosse stata un’altra auto. Lo sterrato dell’Idroscalo, scriveva il medico-legale, «era costellato di buche profonde, la coppa dell’olio situata a 13 cm dal suolo non recava tracce di strusciature e di urti, cosa che invece doveva avere. Il terminale della marmitta non evidenziava nessun segno di urti se non lateralmente, ma erano segni di vecchie ammaccature, il frontale dell’auto era privo di tracce sia di sangue, sia di capelli, sia di cuoio capelluto».


Visionario Parrello? Nuova pista? La risposta potrebbero darla i reperti conservati in uno scatolone al Museo criminologico di Roma, se analizzati con nuove tecniche investigative. Il pezzo forte è il plantare di una scarpa destra trovato nell’auto di Pasolini. misura 41, «logoro e rovinato, non poteva appartenere certo a qualcuno ricco», indirizza i suoi sospetti Parrello. Un nome entrato e uscito dall’inchiesta, è quello di Johnny Lo Zingaro, al secolo Giuseppe Mastini, claudicante da quando in uno scontro a fuoco fu ferito al piede. Ex ergastolano attualmente in libertà vigilata.


A Parrello, un amico - di cui fa nome e cognome - avrebbe raccontato che a portare l’Alfa Romeo, «di colore azzurrino» nella carrozzeria di via Portuense sarebbe stato Antonio Pinna, esponente della malavita romana. «Pinna conosceva bene Pierpaolo e ha continuato a frequentarlo fino a pochi giorni prima dell’omicidio», ha spiegato Parrello, «Pasolini, del resto, aveva informatori e fonti personali anche in questo ambiente». In altre occasioni “er pecetto”, pittore-poeta, che ha uno studio in Via Ozenam, aveva tirato in ballo Pinna ma senza aggiungere altri particolari.


Antonio Pinna scomparve pochi giorni dopo l’inizio del processo, il 16 febbraio del 1976, «era un ottimo meccanico guidava l’auto alla grande» La sua Alfa fu trovata parcheggiata e abbandonata all’aeroporto di Fiumicino. E subito nel quartiere si collegò la scomparso al caso Pasolini. Da allora nessuno è più riuscito ad avere sue notizie. Neanche il figlio segreto, nato da una relazione prematrimoniale. Un signore che oggi ha circa 40 anni, vive nel Bergamasco e non ha mai smesso di cercare la verità sul padre.


La riapertura del caso era stata auspicata anche da Walter Veltroni, membro della Commissione parlamentare Antimafia e sollecitata dal ministro della Giustizia Angiolino Alfano. Pasolini fu ucciso all’Idroscalo di Ostia la notte del 1° novembre del 1975. Per l’omicidio fu condannato a 9 anni e 4 mesi di carcere Pino Pelosi che all’epoca aveva solo 17 anni. «Quella notte con me c’erano anche i due fratelli Borsellino», rivelò al Messaggero, nel luglio del 2008, Pino “la Rana”. Ammise per la prima volta di aver conosciuto Pasolini anche prima di quella notte fatale, «mi offrì da bere in un bar alla Stazione Termini, fu lui a presentarsi».