La storia del Canaro a Roma è stata assorbita dall'immaginario collettivo come farebbe l'inchiostro di un tatuaggio. Col tempo va anche sbiadendosi ma sta lì; diventa un modo di dire, un appellativo, una metafora per una minaccia.
Tutti a Roma sanno chi è er Canaro della Magliana ma pochi sanno che di tutto ciò che se ne è detto è vero si e no un quarto.
Da fatto di cronaca succulento questo omicidio ha fatto un breve balzo nella storia per diventare immediatamente leggenda oscura e, come sempre accade, il fatto storico riferito centinaia di volte da centinaia di bocche è diventato un topos letterario, un mito, spogliato della carne e del sangue dei protagonisti nonostante parli solo di carne e sangue.
Della vittima non è fregato più niente a nessuno. Si diceva solo fosse un infame, un tossico o un cravattaro. Uno che se l'è meritata la finaccia che ha fatto.
Dell'autore si ricorda solo che lavoro faceva: a Roma chi lava i cani è detto canaro. Forse è più esatto dire 'era detto' visto che oggi se dici 'canaro' ti guardano allarmati.
Nel 1988 un canaro divenne Il Canaro appropriandosi suo malgrado dell'appellativo gergale e togliendolo a tutta una categoria.
Luca Moretti ci presenta finalmente la storia di quest'uomo raccontandola attraverso la sua stessa voce.
Pubblicato da Red Star Press il suo è un lavoro accurato che ha unito il memoriale incompiuto che il Canaro scrisse in carcere con gli atti dei processi e le interviste.
Ne esce un diario breve e profondo.
Non starò qui a raccontare il fattaccio. Leggetevi il libro.
Quello che voglio raccontare è l'intensità degli scenari evocati.
Qui non si parla solo di un delitto.
Qui si narra la storia di un luogo incerto: la Magliana.
Citando dal testo: "quaranta ettari, sette metri sotto l'argine, terra muffa e zanzare per oltre cinquantamila persone (...) alla Magliana tutto rimandava a promesse mancate, a un futuro che rimaneva sempre dall'altra parte del Tevere Infame".
Un quartiere quello della Magliana che nasce disordinatamente, ospitando sfollati da altri quartieri e immigrati da altre regioni. Baracche e case occupate sono il teatro di questa storia fatta di personaggi fortemente connotati ma con un'etica fluida come il fango che alla Magliana non si secca mai veramente.
Una fluidità che deriva dall'essere cresciuti per la strada, vera maestra di vita, le cui lezioni non insegnano codici rigidi di comportamento.
Chi nasce per strada, dice il protagonista, è puro perchè è libero e non soggiace alle regole del bene e del male.
Perfino le leggi non scritte dell'onore possono essere disattese in base alla necessità anche se alla fine rimane un'unica verità:
"a Roma solo il Tevere ha il diritto di essere infame"