sabato 16 ottobre 2010

Tom Konx, Il marchio di Caino

Il post di oggi è dedicato ad un libro denso di spunti interessanti: Tom Knox, Il marchio di Caino, Longanesi

La quarta di copertina ci illustra la storia:

Una colonia tedesca ha visto le “prove generali” dell’Olocausto: in Namibia, negli anni dieci del Novecento, la popolazione degli Herero è stata deportata nel deserto e lì lasciata morire. Registi dell’orrenda operazione un certo Goering e il dottor Fischer, un genetista tedesco ossessionato dalle presunte differenze racciali, molto vicino a Hitler nell’ideazione della “soluzione finale”… Un paese del sud della Francia, dove ancora vivono alcuni discendenti dei Cagots, una società di paria considerati inferiori in quanto progenie della stirpe maledetta nata dall’unione di Eva col diavolo… Un patto segreto tra Pio XII e Hitler, in base al quale il papa avrebbe taciuto sull’Olocausto in cambio del silenzio dei nazisti sulla scoperta dell’esistenza effettiva di una razza superiore… Un giovane avvocato londinese che ha ereditato una mappa misteriosa e un giornalista di cronaca nera devono capire qual è il filo rosso che lega questi elementi, mentre intorno a loro si moltiplicano barbari omicidi realizzati con metodi che ricordano quelli dell’Inquisizione…

Come spesso amo ricordare, la lettura di un libro non è solo una fuga verso luoghi inesplorati e sensazioni ancora non sperimentate. Leggere è soprattutto scoprire e imparare.

Tom Knox è un viaggiatore prima che uno scrittore e un giornalista e i suoi viaggi ci aiutano a scoprire luoghi e storie noti a pochi.

I paesi Baschi ad esempio sono conosciuti per i movimenti indipendentisti e per l’ETA ma pochi sanno che furono il teatro di una delle persecuzioni più sanguinarie della storia europea: la caccia alle streghe.

Knox racconta:

La terribile storia della caccia alle streghe basca ha inizio nel 1610, quando una giovane donna chiamata Maria de Ximeldigui fece ritorno al suo villaggio natale, Zugarramurdi.

Maria era poco più di una ragazzina, e aveva lavorato come servitrice dall’altra parte del confine. Durante gli anni trascorsi in Francia, i Paesi Baschi francesi erano stati già teatro dei primi atti di una caccia alle streghe, a cui aveva dato il via uno zelante giudice, Pierre de Lance, un uomo convinto che tutti i baschi fossero fondamentalmente infidi, fondamentalmente Altri, fondamentalmente streghe.

De Lance aveva già dato il via alla sua persecuzione quando Maria tornò a Zugarramurdi. È probabile che Maria fosse stata contagiata da questa atmosfera avvelenata; quel che è certo è che, una volta tornata a casa, la sua testa era infestata dalle storie più terribili.

Iniziò a raccontare ai suoi famigliari, agli amici e ai vicini, che a Ciboure aveva rinnegato la fede ed era diventata una strega. Apparentemente, per tre anni aveva preso parte ai sabba assieme ad altri nemici del cattolicesimo. Poi, aggiunse, aveva avuto un’illuminazione, che l’aveva persuasa a tornare sui suoi passi. Questo gesto le aveva attirato addosso l’ira delle sue vecchie compagne, che l’avevano maledetta e le avevano scagliato addosso un sortilegio mortale. Una volta guarita e ricevuta l’assoluzione da un prete anziano, Maria era tornata a Zugarramurdi.

La storia di Maria era sensazionale e aveva acceso la fantasia dei suoi creduli compaesani. Può darsi che Maria abbia iniziato a prendere gusto per l’attenzione che suscitavano i suoi resoconti dei sabba, resoconti che si facevano di volta in volta sempre più dettagliati. Alla fine decise di spingersi oltre, iniziando ad affermare che le streghe non esistevano solo a Ciboure, ma anche a Zugarramurdi, e che lei era in grado di fornirne i nomi

Il luogo dei sabba fu indentificato nella grande caverna vicino al villaggio che, dal quel giorno fu chiamata Caverna delle Streghe (akelarre, che in basco significa “il luogo del caprone”).

Da Zugarramurdi la caccia alle streghe si diffuse giù per la valle di Baztan, a Elizondo, Lesaka e Etxalar, e da lì ancora oltre, in tutta la Nazione Basca. Ovunque i preti si recassero trovavano persone desiderose di puntare il dito, di accusare qualche vecchia megera decrepita, di sbarazzarsi di un agricoltore rivale.

Il risultato finale fu un olocausto in miniatura. La persecuzione che era iniziata nel 1610 durò per quattro anni interi. Cinque streghe furono bruciate pubblicamente a Logrono, e molte di più morirono in prigione. Maria de Jureteguia scampò per un pelo all’esecuzione (e più tardi fu liberata). Circa duemila donne confessarono, spesso sotto tortura. In settemila furono accusate. Molte di queste “streghe” furono linciate in segreto dai paesani inferociti, a volte letteralmente inchiodate agli alberi.

Dall’altra parte del confine, in Francia, Pierre de Lance era stato ancora più efficiente. Centinaia di baschi francesi erano stati giustiziati brutalmente, nell’intento di cacciare i peccatori.

La persecuzione finì nel 1614, quando un paladino della razionalità, un uomo chiamato Salazar Frias, che – ironicamente – era un agente dell’inquisizione spagnola, disse basta alla follia. Mise in discussione la credulità dei cacciatori di streghe, screditò i capi delle corti, rifiutò l’uso di accuse non supportate da prove. I Tempi dei Roghi erano finiti.