domenica 6 marzo 2011

Glenn Cooper-La mappa del destino

Io, Barthomieu, monaco dell’abbazia di Ruac, ho duecentoventi anni. E questa è la mia storia

Non è propriamente l’incipit dell’ultima fatica di Glenn Cooper ma è sicuramente la frase più adatta a descrivere l’atmosfera in cui è immerso questo romanzo. Archeologia preistorica, storia medievale e scienza si mischiano come ingredienti di un filtro magico che si attiverà solo grazie all’ultimo componente fondamentale della ricetta: la nostra immaginazione.

La quarta di copertina ci offre un assaggio:

Per settecento anni è rimasto nascosto in un muro dell’abbazia. Poi una scintilla ha scatenato un incendio e il muro è crollato. Stupito, l’abate Menaud sfoglia quel volume impreziosito da disegni di animali e di piante. È scritto in codice, ma le prime parole sono in latino: Io, Barthomieu, monaco dell’abbazia di Ruac, ho duecentoventi anni. E questa è la mia storia.

Per migliaia di anni è rimasto immerso nell’oscurità.

Poi un’intuizione ha squarciato le tenebre.

Incredulo, l’archeologo Luc Simard cammina in quel grandioso complesso di caverne, interamente decorate con splendidi dipinti rupestri. E arriva all’ultima grotta, la più sorprendente, dove sono raffigurate alcune piante: le stesse riprodotte nell’enigmatico manoscritto medievale…

Per un tempo indefinibile è rimasto avvolto nel mistero. È stato custodito da santi e da assassini, è stato una fonte di vita e una ragione di morte.

Poi un imprevisto ha rischiato di svelarlo agli occhi del mondo.

Spietati, gli abitanti di Ruac non hanno dubbi: i forestieri devono essere fermati. Perché la cosa più importante è difendere il loro segreto. A ogni costo.




La descrizione della serie di grotte preistoriche ci riporta alla mente Altamira e Lascaux, con le loro vivide rappresentazioni animali e solo la nostra fantasia riuscirà a rendere corpose le descrizioni dei disegni che il nostro Luc Simard rinviene.

Ma la preistoria è solo la prima delle stanze del tempo che Cooper ci farà visitare.



Nel 1119 alcuni cavalieri, fondarono un nuovo ordine monastico-militare, l'Ordine dei Cavalieri del Tempio. L'Ordine ottenne nel concilio di Troyes del 1128 l'approvazione di papa Onorio II e sembra che la sua regola sia stata ispirata da Bernardo di Chiaravalle.

La seconda crociata del 1147 fu opera della sua predicazione.

Qui non si parla dei Templari ma del loro ispiratore.

Bernardo di Clairvaux fu un monaco cistercense che ebbe grande fama presso il clero contemporaneo e lo citiamo, in questa sede, per la disputa che ebbe con un altro grandissimo rappresentante della cultura dell’epoca: Pietro Abelardo.

Egli fu un filosofo, teologo e compositore. Fu uno dei più importanti e famosi filosofi e pensatori del medioevo, precursore della Scolastica e fondatore del metodo logico. Per alcune idee fu considerato eretico



La carriera di Abelardo a Parigi, come insegnante allam prestigiosa cattedra di Notre Dame, dal 1108 al 1118, fu brillante. Nella sua Historia raccontava come gli allievi si affollassero intorno a lui da ogni parte d'Europa, un'affermazione più che confermata dai suoi contemporanei.

Abelardo nel 1118, alle soglie dei 40 anni, riceve dal canonico Fulberto l'incarico di precettore della nipote Eloisa, orfana diciassettenne uscita dal monastero di Argenteuil, la cui intelligenza suscita ammirazione in tutta l'Ile de France.

Fu un amore travolgente e segnato dalla tragedia.

Sospresi dallo zio di lei furono costretti al matrimonio, rimasto però segreto per volere di Abelardo che non voleva perdere la cattedra.

Fu allora che la vendetta dello zio si concretizzò nel peggiore dei modi: Abelardo fu evirato ed Eloisa fu costretta ad andare in convento, dopo aver partorito il figlio dei due: Astrolabio.


Nel cimitero di Père-Lachaise esiste ancora il monumento funerario per Abelardo ed Eloisa. Eretto nel 1779 nell'abbazia del Paracleto e trasferito nel cimitero parigino nel 1815, quel ciborio goticheggiante.

La disputa tra Bernardo di Chiaravalle e Abelardo era di natura teologica e Bernardo riuscì a far dichiarare eretiche alcune tesi di Abelardo che in seguito entrarono nella visione filosofica di pensatori come Tommaso d’Aquino.

In questa disputa vediamo inserirsi il nostro autore il quale ci descrive un rapporto tra i due monaci che supera le dispute accademiche e arriva alla sincera amicizia. Ovviamente si tratta di una finzione letteraria che non trova riscontro nella documentazione storica ma che ci regala l’intensità di un rapporto di reciproca ammirazione tra due menti eccelse del XI secolo.



Il percorso del romanzo ci farà spostare su diverse assi temporali: dalla preistoria al medioevo e, naturalmente ai gioni nostri.

Un ritmo alto e costante che ci porterà a svelare un segreto descritto in un’antichissima grotta preistorica, raccontato in un manoscritto medievale e custodito gelosamente dagli abitanti di una piccola frazione francese che hanno tutta l’intenzione di rimanere al di fuori dei riflettori della storia.