Lamia era figlia di Belo, il re di Libia. Fu amata da Zeus dal quale ebbe numerosi figli. La gelosa Era, moglie di Zeus, fece sì che i figli di Lamia morissero strangolati (solo Scilla, il mostro situato sullo stretto di Messina di cui narra l’Odissea, riuscì a scampare alla furia di Era).
Lamia si nascose in una caverna e diventò un mostro orribile, geloso delle madri più felici di lei delle quali spiava i figli per poi rapirli. Sembra inoltre che Era avesse privato Lamia del sonno, ma Zeus le concesse il privilegio di potersi togliere gli occhi ed appoggiarli dentro un vaso per poter riposare: quando Lamia era priva degli occhi non era pericolosa. Lamia poteva trasformarsi in animale e donna bellissima, inoltre poteva presentarsi in numero maggiore di uno (solitamente tre).
Le lamie apparivano nei trivi cercavando i giovani per berne il sangue dopo averli sfiniti con i rapporti sessuali.
Un’antica tradizione dei dintorni del Parnaso comprende una “Lamia del mare”, un demone che catturava i giovani che suonavano il flauto sulla spiaggia a mezzanotte e a mezzogiorno. Se questi rifiutavano di unirsi in matrimonio con lei, erano brutalmente uccisi. Probabilmente questa creatura è erede delle sirene, che seducevano i marinai col loro canto per privarli d’ogni bene, anch’esse erano donne alate, ma avevano il volto e il tronco di donne umane
Sia il popolo greco che quello romano manifestavano atteggiamenti contradditori nei confronti delle donne, una sorta d’ammirazione/timore: accanto alle capacità seduttive convivevano enormi potenzialità distruttive
I due dipinti sono di William Waterhouse (1909)