giovedì 26 giugno 2008

I pantaloni di Pitagora


Cavalcando l’onda del post precedente oggi parlerò di un libro decisamente rivelatore per me e per qualunque profano di storia della scienza. Parlo di Wertheim, I pantaloni di Pitagora. Dio, le donne e la matematica, Instar Libri.
Questo libro offre una panoramica sulla storia della scienza e in particolare sui contributi che sono stato dati, nell’arco dei secoli, da molte donne in seguito dimenticate. La tesi di fondo che motiva l’esclusione delle donne dal mondo scientifico è che la donna non sia portata per le materie scientifiche e tecniche. Questo mi ricorda tanto i discorsi del prof. di visual Basic che ripeteva questa tesi ad ogni lezione, salvo poi utilizzare ex alunne in gamba (e non particolarmente avvenenti .. lo dico per anticipare un commento ovvio) che tenevano lezioni a parte sul conteggio esadecimale e sulla programmazione a oggetti. Vabbè..storia di vita vissuta, come direbbe il mio adorato AleNet.
Tornando al libro in questione vorrei stralciare le storie di un paio di scienziate davvero in gamba, delle quali probabilmente nessuno di voi avrà sentito parlare.
Porterò due esempi molto lontani tra loro nel tempo.
La prima donna scienziata di cui si abbia notizia nella storia occidentale è Ipazia di Alessandria. Le sue opere sono andate perdute ma il suo ricordo permane nel tempo. Nacque nel IV secolo, periodo fortemente influenzato dal pensiero di Aristotele, secondo il quale la donna non era un essere del tutto umano (e qui immagino molti maschietti sogghignare …vi dirò, qualche volta avete decisamente ragione; ci sono donne che sono più assimilabili al mondo dei pennuti – l’oca nella fattispecie; d’altra parte ci sono uomini che sembrano essere rimasti un gradino indietro nella scala dell’evoluzione come quelli che leggono solo in un’occasione: quando gli capita a tiro Il corriere dello sport al bar, fanno commenti sulla commessa gnocca e si grattano il pacco ogni minuto. Questo per dire che le due metà del cielo hanno entrambe una rappresentanza poco onorevole).
Ma torniamo alla nostra Ipazia.
La leggenda narra che Teone, astro­nomo e matematico, volesse fare della figlia un essere per­fetto. Seguendo le orme del padre, Ipazia diventò una celebre insegnante di matematica e filoso­fia. Nel IV secolo la crescente pressione del settarismo reli­gioso aveva portato all'istituzione di scuole separate per cristiani, ebrei e pagani, ma Ipazia impartiva lezioni a tutti, e la sua casa rappresentava un luogo dove gli eru­diti si riunivano.
Oltre all'insegnamento si dedicò alla stesura di testi di matematica. Compilò tavole di posizione dei corpi celesti. Oltre agli aspetti teorici, Ipazia s'inte­ressò di meccanica e tecnologia applicata: progettò diver­si strumenti scientifici, compreso un astrolabio piano che serviva a calcolare il tempo e a misurare le posizioni del Sole, delle stelle e dei pianeti. Ipazia fu una dei tanti intellettuali che aderirono al movimento noto come Neoplatonismo, i cui seguaci proponevano la loro filosofia come risposta all'affermazione del Cristianesimo, e Pitagora come alternativa razionale alla figura di Cristo. Nel 412 un fanatico cristiano di nome Cirillo diventò Patriarca di Alessandria e avviò una campagna di allontanamento dalla città di Ebrei e Neoplatonici. Quale esponente di rilievo del secondo gruppo Ipazia attirò l'attenzione. Nel 415 fu aggredita da una turba di esaltati, fatta a pezzi e bruciata.
Dal IV secolo balziamo ora nel XX per parlare di Emmy Noether.
Emmy (1882-1935) è stata una dei più grandi matematici del secolo, chiamata insieme con altri a collaborare con Einstein nella formulazione della relatività generale. Emmy sviluppò anche uno dei concetti matematici diventati in seguito fondamentali tanto per la fisica delle particelle quanto per l'attuale ricerca di una sintesi tra relatività generale e meccanica quantistica. Una sua biografa la descrive così: “Ignorava qualsiasi convenzione legata alla femmini­lità. Era sovrappeso, entusiasta, caparbia, e poi disordi­nata, per nulla elegante, e sempre a proprio agio. Ama­bile, totalmente disinteressata, cordiale.” Possedeva molte delle qua­lità per cui Einstein ci risulta simpatico, ma in lei quei tratti sono stati bersaglio di critiche.
Emmy contribuì a sviluppare formulazioni matematiche per molti concetti della relatività generale, sempre senza incarico ufficiale né stipendio. La sua unica entrata veniva da un modesto fondo stanziato per lei dagli zii materni.
Fu tra i fondatori dell'algebra astratta che, in forma molto semplificata, sarebbe poi entrata in tutte le scuole degli Stati Uniti con il nome di ‘nuova matematica’. Gli esperti della disciplina la cono­scono per i suoi innovativi studi di algebra, ma ai fisici è nota per il teorema che porta il suo nome. Questo teorema è diventato centra­le nella ricerca contemporanea di una teoria unificata delle forze e delle particelle, la famosa teoria unica che dovrebbe fondere relatività e meccanica quantistica in un solo insieme.
Negli anni ‘30 Emmy Noether era internazional­mente considerata dai matematici una figura di primo piano, ma nel 1933, quando Hitler salì al potere ed ebbe luogo l’allontanamento degli accademici non ariani, fu tra i primi a perdere il posto. Donna, ebrea, libe­rale e pacifista, Emmy rappresentava tutto ciò che i nazisti disprezzavano. A differenza di Einstein, assunto presso l'Istituto di Studi Superiori di Princeton, Emmy non riuscì a ottenere un incarico di ricercatrice. Alla fine accettò di andare a insegnare matematica all'Università femminile di Bryn Mawr. Nel 1935, quando sembra­va che l'Istituto di Studi Superiori avesse deciso di assu­merla, morì per complicazioni insorte a seguito dell'aspor­tazione di una cisti ovarica.

Conserva il tuo diritto a pensare, poichè anche pensare in modo erroneo è meglio che non pensare affatto. Insegnare superstizioni per cose vere è la più terribile tra le azioni

Ipazia di Alessandria