DAl Fatto di oggi, articolo di Gianni Barbacetto:
La Trota copia parole razziste. La Trota, lo sapete, è Renzo Bossi, ovvero il Bossi figlio, destinato dal padre (anche in Padania il politico tiene famiglia) alla successione dinastica. Delfino, dunque? “Ma no, non delfino, trota”, rispose suo padre a chi gli poneva la domanda. La Trota aveva già copiato la tesina della maturità, sul federalista (vero) Carlo Cattaneo, su cui si erano impegnati alcuni parlamentari leghisti, come dimostrato dai prestiti della biblioteca della Camera. Non era servito: il Bossi jr era stato bocciato, con conseguente reazione di papà (anche al Nord i figli so piezz ’e core) che aveva dichiarato: “È una vergogna vedere come vengono fatti gli esami di Stato, con insegnanti ignoranti della cultura veneta o lombarda che non sono del Nord e che fregano i nostri ragazzi”. Alla fine però, dai e dai, anche “il nostro ragazzo” ce l’aveva fatta a portare a casa un diploma. Per impedirgli di fare il disoccupato, papà lo ha fatto subito eleggere in consiglio regionale. Per ovviare alla mancanza d’esperienza, serviva un tutor, ovvero una maestra di politica e di vita, che aiutasse il ragazzo a fare la campagna elettorale. Trovata in un lampo: Monica Rizzi. Militante leghista entusiasta e fedele, ha accompagnato lei il ragazzo su e giù per la Valamonica, dove ha messo insieme quasi 12 mila preferenze. Brava, Monica Rizzi, sedicente psicologa e psicoterapeuta, ma senza laurea (chi si somiglia si piglia). Per non sbagliare, la Monica gira con una maga al seguito: Adriana Sossi, autrice del libro “La mia vita con gli spiriti”, medium precoce (“Già a otto anni, con l’aiuto di mia nonna, ho spostato un comodino”) e ricca di buoni contatti (“Ho da tempo un rapporto con un extraterrestre della galassia di Oron”). Brava e generosa: per far eleggere il figlio di Bossi, ha rinunciato al suo seggio in consiglio regionale. Ma niente paura: la Lega l’ha premiata imponendo al quattro volte presidente Roberto Formigoni di dargli un assessorato, quello allo sport. In questo bell’ambiente di maghe consulenti regionali e psicologhe senza laurea, la Trota ha occupato a ventun’anni un ben pagato seggio nel Consiglio della Lombardia. E finalmente ha compiuto il suo primo atto politico: nella seduta del 22 giugno ha presentato la sua prima mozione. È il primo firmatario di una proposta contro i venditori ambulanti. Ai quali vuole imporre il Durc, che non è un tipo di burka, ma il “Documento unico di regolarità contributiva ”, cioè una carta che dimostra di essere in regola e di avere pagato le tasse. I venditori ambulanti, propone la Trota, non potranno più vendere niente per strade, fiere e mercati se non hanno il Durc, “valido strumento per combattere l’evasione contributiva nel settore del commercio ambulante, accresciutasi anche a seguito dell’ampliamento della platea ad operatori extracomunitari ”.