lunedì 17 novembre 2008

Altro che letteratura!

Era la sera del 30 agosto 1970.
Una chiamata giunse alla squadra mobile di Roma. Un omicidio ai Parioli, esclusivo quartiere della capitale, in via Puccini.
La Situazione che si presentò agli agenti era quella tipica del delitto passionale: Anna Fallarino, moglie del marchese Casati Stampa, 41 anni, riversa su una poltrona, un seno spappolato da una raffica di pallini sparati da un fucile da caccia calibro 12. Dietro un tavolino rovesciato il corpo esanime di un giovane: Massimo Minorenti, 25 anni, amante della donna. Lui, il marchese Casati, 43 anni, sdraiato a terra con accanto il fucile ancora caldo. Un colpo gli aveva staccato una parte del viso. Un orecchio penzolava dalla cornice di un quadro.
Per gli investigatori il caso che si chiuse prima ancora di essere aperto. Il marchese, che aveva convocato i due amanti per un chiarimento, in preda ad un raptus di follia dettato dalla gelosia, aveva prima ucciso la moglie, poi il giovane e alla fine si era tolto la vita. Nessun mistero.
I risvolti morbosi presto furono chiari: lui, nobile e ricchissimo; lei, poverissima, che grazie alla sua bellezza aveva scalato tutti i gradini della scala sociale; l’altro il giovane studente fuori corso, bello e squattrinato. Saltarono fuori millecinquecento fotografie in cui Anna era con amanti che il marchese le procurava: militari, bagnini, camerieri.
Il marchese, forse impotente, pagava uomini perché facessero sesso con la moglie, li fotografava e coordinava gli incontri. Nel momento in cui la moglie si innamorò di uno dei suoi amanti l’uomo perse la testa, come è scritto anche nei diari dove annotava ogni incontro sessuale della moglie, e uccise entrambi prima di suicidarsi.
Naturalmente lo scandalo fu enorme e i giornali fecero a gara per pubblicare le foto osè della donna.
Finite le indagini cominciarono le dispute sull’eredità. Il problema era sui tempi del decesso dei coniugi.
Se per ultima fosse morta la marchesa Anna Fallarino, sua sorella e i genitori avrebbero ereditato la loro parte. Se per ultimo fosse morto il marchese, avrebbe preso tutto la marchesina Annamaria Casati Stampa, nata nel 1951 dal primo matrimonio con Letizia Izzo.La sorella di Anna Fallarino era una buona conoscente di un giovane avvocato di trentasei anni, nato a Reggio Calabria ma romano dall'infanzia, che venne incaricato di patrocinare gli interessi dei Fallarino. Le perizie medico-legali fugarono presto ogni dubbio: poichè l'ultimo a morire era stato il marchese tutto sarebbe andato alla giovane figlia Annamaria.
Fu il tutore dell’allora minorenne Anna Maria Casati Stampa ad occuparsi, nel 1973, della vendita della tenuta di famiglia, consistente in 3500 mq, una pinacoteca con opere del Quattrocento e Cinquecento, una biblioteca con circa 3000 volumi antichi, un parco immenso, scuderie e piscine. Un valore inestimabile (valore dichiarato, compresi liquidi, titoli azionari, mobili e gioielli, 2 miliardi 403 milioni; che si riducono a un miliardo 965 milioni tolti i debiti e le tasse e imposte da pagare) che venne venduto per la sospetta cifra di 500 milioni. L’acquirente era un imprenditore milanese: Silvio Berlusconi. L’allora tutore della giovane figlia del marchese Casati, invece, rispondeva al nome di Cesare Previti. Inutile dire che la tenuta in questione altro non era che la villa di Arcore.
La compravendita fu ufficialmente conclusa nel 1980.
Anna Maria Casati Stampa, disinteressandosi quasi completamente, fu pagata con delle rate e alcune azioni girate dall’imprenditore a copertura dell’importo. Le azioni in questione risultarono insolvibili.
Le domande senza risposta sul conto del marchese Casati Stampa non finirono con la sua morte.
Il nobile fu, ad esempio, anche mecenate di uno dei personaggi più controversi degli anni di piombo: Mario Moretti, ex capo delle Brigate Rosse e da alcuni sospettato di essere un infiltrato della CIA nel gruppo terroristico.
Gli ex studenti dell'istituto Montani di Fermo sono certi nel descrivere il giovane Mario Moretti come attiguo alla destra neofascista e clericale. Mantenuto agli studi dai marchesi Casati Stampa, il futuro capo delle Br appena diplomato si trasferì a Milano, con residenza nel Palazzo Soncino dei Casati Stampa; poi venne assunto dalla Sit-Siemens su raccomandazione dei marchesi, e si iscrisse all'Università Cattolica con un attestato di «sane idee religiose e politiche» firmato dai viceparroco di Porto San Giorgio.Innumerevoli coincidenze fra Mario Moretti e i "Comitati" anticomunisti di Sogno-Dotti-Cavallo. II futuro capo delle Br frequentava il palazzo di via Gallarate 131 (sede dell'attività anticomunista di Cavallo) e abitava a pochi metri da Dotti (in via delle Ande), conosceva benissimo Corrado Simioni (in rapporti con Dotti). Non solo: dei "Comitati" faceva parte il senatore liberale Giorgio Bergamasco, amico storico dei marchesi Casati Stampa, nonché tutore, insieme a Previti, della marchesina minorenne Annamaria; la stessa marchesina Casati Stampa conosceva bene Moretti (secondo la moglie del futuro capo brigatista, i due avrebbero avuto un flirt, e andavano a sciare insieme).
A volte la realtà supera la fantasia di qualunque scrittore. Una storia così sarebbe stata addirittura troppo inverosimile se fosse stato uno scrittore a raccontarla. Troppi personaggi, troppe morbosità, troppi risvolti su affari, terrorismo e personaggi loschi.
Invece non solo è accaduto tutto realmente, ma il nostro premier vanta un ruolo di primo piano nell’acquisto della sua famosa e ormai famigerata tenuta (non dimentichiamoci del suo eroico stalliere).