Sull’Osservatore Romano del 24/25 novembre è pubblicato un articolo dello scrittore Juan Manuel de Prada intitolato Una semplice croce. L’articolo critica la sentenza con cui il giudice Alejandro Valentin di Valladolid ha permesso la rimozione dei crocefissi da una scuola pubblica, in nome della laicità dello stato.
Riporto alcuni stralci: “Il crocifisso, in definitiva, può offendere solo quanti vogliono - e in questo consiste in realtà il laicismo, per quanto si nasconda dietro alibi giuridici - che lo Stato diventi un nuovo dio, con potere assoluto sulle anime (…) Da qualche tempo, un impulso autodistruttivo si sta impossessando dell'Europa, trovando la sua espressione più triste e pervicace nell'ansia di cancellare dalla nostra memoria il lascito morale e culturale del cristianesimo; e in Spagna questo impulso autodistruttivo assume espressioni violente. Come gli scorpioni che si pungono con il proprio pungiglione e agonizzano vittime del loro veleno, si direbbe che noi europei abbiamo deciso di annichilirci, emarginando e dimenticando l'eredità storica che ci costituisce. S'inizia a confondere la sana laicità dello Stato con una belligeranza antireligiosa che cerca di negare all'uomo il suo vincolo con la trascendenza, che cerca di cancellare la nostra genealogia spirituale e culturale.(...) Riferendosi alla situazione sociale del Paese, il cardinale Rouco Varela ha rilevato che la storia della Spagna degli ultimi due secoli è stata, per disgrazia, segnata da tensioni che più di una volta sono degenerate in contrasti fratricidi. L'ultimo e il più terribile di tutti negli anni Trenta, nel contesto di una situazione internazionale caratterizzata da ideologie totalitarie di diverso segno. Si tratta di perseguire, senza rimozioni e codardie, "un'autentica e sana purificazione della memoria", fondata sugli alti ideali della giustizia, della libertà fino a quello evangelico del perdono e dell'amore fraterno. A tale cammino di riconciliazione tra le persone sono chiamate specialmente le giovani generazioni, che devono superare il pesante passato dimenticando rancori e contrasti.”
Le reazioni italiane come al solito offrono materia per satira e risate da tutto il mondo.
Pierferdinando Casini afferma che paesi come Italia e Spagna hanno un’identità cristiana e che “i sani principi della laicità” non si possono confondere “con un laicismo di stato” che non lascerebbe spazio “al bisogno innato di religiosità” e che potrebbe sradicare “dalla nostra vita Dio e la religione”.
Molto più teatrale Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa (mi viene da ridere solo a pensare alla carica istituzionale che ricopre questo beone): “il crocifisso non un solo un simbolo religioso, ma è il simbolo di quei valori su cui abbiamo costruito la nostra storia e la nostra civiltà”. Rinunciare ad essi saebbe segno di una crisi “molto più grave” di quella economica in corso, tanto da far sentenziare: “Le crisi economiche si superano solo partendo dai valori, diversamente ci sarà l’Apocalisse”. (!!!!!!!! L'Apocalisse! Cazzo! Questo ha scomodato pure l'Anticristo!)
L’unica voce razionale non poteva che venire da un matematico laico: Piergiorgio Odifreddi, autore del libro Perche' non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) edito da Longanesi sostiene che “anche la Spagna, dopo tanti anni di franchismo sta diventando un paese civile: sentenze come questa sembrano anormali a noi che abbiamo una tradizione diversa, anche se mettere i crocifissi nei luoghi pubblici è un modo un po’ surrettizio di fare propaganda religiosa, come lo è d’altronde l’ora di religione”. Ricordando la sentenza di qualche anno fa che ammetteva la rimozione dei crocefissi dai luoghi pubblici in Italia (contestata proprio dalla “laica” Boniver), Odifreddi ricorda: “Mi colpì la reazione del mondo politico: lo stesso presidente Ciampi (quello della vignetta qui sopra) disse che questa era una sentenza assurda, e che non andava seguita. Mi sembrò un comportamento abbastanza singolare per un Presidente della Repubblica, e che la dice lunga su quanto da noi il concetto di laicità sia piuttosto avveniristico”. Odifreddi sostiene che il problema non è la Chiesa, che “ritiene di avere un messaggio da dare, ed è giusto che usi tutti i mezzi possibili per diffonderlo, ma della classe politica”.
Dovremmo seguire i consigli del cardinale Rouco Varela e dimenticare rancori e contrasti? Ma cosa ci chiedono di dimenticare esattamente?
Tutte le porcate che furono fatte in nome di Dio? E non parlo delle Crociate medievali.
Beh io non ho alcuna intenzione di dimenticare.
Non voglio dimenticare del sostegno ai regimi totalitari in Sud America, né del sostegno al franchismo. In particolare oggi non voglio dimenticare un recente studio della storica Lucia Ceci docente di Storia contemporanea all'università di Roma Tor Vergata, la quale ha rispolverato un documento del 24 agosto 1937, in cui il cardinale Jorio mette per iscritto, all'attenzione di Papa Pio XI, un parere sconcertante rispetto al senso comune della morale cattolica.
La Chiesa avrebbe dovuto collaborare — «nei giusti limiti» del diritto canonico — alla campagna per la «sanità della razza». Le «ibride unioni» (tra uomini italiani e donne abissine; parliamo della guerra d’Africa) andavano impedite «per i saggi motivi igienico-sociali intesi dallo Stato»: «la sconvenienza di un coniugio fra un bianco e un negro», e «le accresciute deficienze morali nel carattere della prole nascitura». Segue l'approvazione papale del documento firmato dal cardinale Jorio, trasmesso alla nunziatura d'Italia già il 31 agosto di quel 1937.
Dobbiamo dimenticare anche questo?