giovedì 30 luglio 2009

Nani e Giganti

Oggi parlerò di due persone: la prima è l’onorevole Gaetano Pecorella e la seconda è don Peppino Diana.
Deputato di Forza Italia, Pecorella è stato, dal 1994 al 1998, presidente dell'Unione delle Camere Penali Italiane. Nel 2003 ricopre l'incarico di Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e nello stesso anno difende presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere Nunzio De Falco, boss di camorra del cartello camorristico casalese condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio di Don Peppino Diana. Iscritto al gruppo parlamentare Forza Italia, dal 3 maggio 2006, è deputato. È anche avvocato difensore di Silvio Berlusconi. Nel 2008 è stato proposto dal Popolo della Libertà come giudice della Corte costituzionale.
La Corte Costituzionale è l'organo che deciderà, ad esempio la legittimità del Lodo Alfano. Tanto per dirne una.
Chi era Don Peppino Diana? Affido la risposta a Roberto Saviano che in Gomorra (libro che dovrebbe essere adottato come testo scolastico obbligatorio) ci racconta la sua storia.

“La mattina del 19 marzo del 1994 don Peppino era nella chiesa di San Nicola, a Casal di Principe. Era il suo onomastico. Non si era ancora vestito con gli abiti talari, stava nella sala riunioni vicino allo studio. Entrarono in chiesa, senza far rimbombare i passi nella navata, non vedendo un uomo vestito da prete, titubarono.Chi è Don Peppino? Sono io... Poi gli puntarono la pistola semiautomatica in faccia. Cinque colpi: due lo colpirono al volto, gli altri bucarono la testa, il collo e la mano. Don Peppino Diana aveva 36 anni. Io ne avevo 15 e la morte di quel prete mi sembrava riguardare il mondo degli adulti. Mi ferì ma come qualcosa che con me non aveva relazione. Oggi mi ritrovo ad essere quasi un suo coetaneo. Per la prima volta vedo don Peppino come un uomo che aveva deciso di rimanere fermo dinanzi a quel che vedeva, che voleva resistere e opporsi, perché non sarebbe stato in grado di fare un'altra scelta.

Dopo la sua morte si tentò in ogni modo di infangarlo. Accuse inverosimili, risibili, per non farne un martire, non diffondere i suoi scritti, non mostrarlo come vittima della camorra ma come un soldato dei clan. Appena muori in terra di camorra, l'innocenza è un'ipotesi lontana, l'ultima possibile. Sei colpevole sino a prova contraria. Persino quando ti ammazzano, basta un sospetto, una voce diffamatoria, che le agenzie di stampa non battono neanche la notizia dell'esecuzione. Così distruggere l'immagine di don Peppino Diana è stata una strategia fondamentale. Don Diana era un camorrista titolò il Corriere di Caserta. Pochi giorni dopo un altro titolo diffamatorio: Don Diana a letto con due donne. Il messaggio era chiaro: nessuno è veramente schierato contro il sistema. Chi lo fa ha sempre un interesse personale, una bega, una questione privata avvolta nello stesso lerciume. Don Peppino fu difeso da pochi cronisti coraggiosi, da Raffaele Sardo a Conchita Sannino, da Rosaria Capacchione, Gigi Di Fiore, Enzo Palmesano e pochi altri. Ricordarlo oggi significa quindi aver sconfitto una coltre di persone e gruppi che pretendevano di avere il monopolio sulle informazioni di camorra, in modo da poterle controllare. Ricordarlo è la dimostrazione che anche questa terra può essere raccontata in modo diverso da come è successo per lungo tempo. Come dice Renato Natale, ex sindaco di Casal di Principe e amico di don Peppe, "è sempre complicato accettare l'eroismo di chi ci sta vicino, perché questo sottolineerebbe la nostra ignavia".

Don Peppino fu ucciso nel momento in cui Francesco Schiavone Sandokan era latitante, mentre i grandi gruppi dei Casalesi erano in guerra e i grandi affari del cemento e dei rifiuti divenivano le nuove frontiere dei loro imperi. Don Peppino non voleva fare il prete che accompagna le bare dei ragazzi soldato massacrati dicendo "fatevi coraggio" alle madri in nero. A condannarlo fu ciò che aveva scritto e predicato. In chiesa, la domenica, tra le persone, in piazza, tra gli scout, durante i matrimoni. E soprattutto il documento scritto assieme ad altri sacerdoti: "Per amore del mio popolo non tacerò". Distribuì quel documento il giorno di Natale del 1991. Bisognava riformare le anime della terra in cui gli era toccato nascere, cercare di aprire una strada trasversale ai poteri, l'unica in grado di mettere in crisi l'autorità economica e criminale delle famiglie di camorra”


Ora che abbiamo grosso modo inquadrato gli attori principali leggetevi la seguente intervista pubblicata sul blog di Beppe Grillo:

Testo dell'intervista:

A. Didoni: Tutto inizia il 19 luglio, a Milano, quando partecipiamo alla commemorazione della morte di Salvatore Borsellino in una manifestazione dove si chiede verità sulla strage di via D'Amelio. Il giorno dopo, lunedì 20 luglio, partecipiamo nel pubblico assieme ad alcune persone di Milano contro le mafie a una trasmissione su Telelombardia, Iceberg, che tratta proprio di questo tema. In studio ci sono degli ospiti piuttosto importanti, abbiamo Nando Dalla Chiesa, abbiamo il figlio di Ciancimino (Vito n.d.r.) che attualmente sta parlando ai magistrati proprio in merito a questa trattativa, Nuzzi, l'autore di Vaticano spa e l'onorevole Gaetano Pecorella. Durante la trasmissione l'onorevole Pecorella fece questa dichiarazione: "se pensiamo a questa trattativa tra Stato e mafia si rischia di perdere fiducia nelle istituzioni". Io sono pienamente d'accordo che i cittadini debbano avere fiducia nelle istituzioni, credo anche che le istituzioni abbiano il dovere, però, di guadagnarsi questa fiducia. Ecco perché in diretta un ragazzo che era con me, Dario, fa una domanda all'onorevole Pecorella riguardo a Dell'Utri, co-fondatore del partito in cui Pecorella è, gli chiede se non prova imbarazzo del fatto che Dell'Utri sia stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. L'onorevole Pecorella risponde che Dell'Utri è stato eletto regolarmente quindi il problema non si pone. Viene data velocemente la pubblicità dal conduttore Parenzo, e io colgo l'occasione dello stacco pubblicitario per fare un'altra domanda all'onorevole Pecorella, gli chiedo come mai nel 2003, visto che era sia presidente della Commissione giustizia alla Camera sia l'avvocato del presidente del Consiglio, quindi due incarichi importanti, come mai decide di assumere le difese anche di Nunzio De Falco, boss dei Casalesi condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio di Don Peppino Diana, il prete anticamorra di cui parla nel suo libro anche Saviano. Il conduttore mi chiede: "ma perché? Nunzio De Falco non ha diritto di essere difeso?" io rispondo: "certo, assolutamente!", ma non era la mia domanda, e tanto meno stavo mettendo in dubbio il fatto che un avvocato possa decidere chi difendere, è nel diritto di ogni avvocato. Però da cittadino mi sento anch'io di chiedere conto di questa scelta che riguarda il piano morale di difendere Nunzio De Falco. Lui si arrabbia, comincia a dirmi che io con quella faccia lì non so niente perché se avesse letto la sentenza lei avrebbe riscontrato che Don Peppino Diana teneva in casa le armi della mafia. Io non metto in dubbio che all'interno delle carte processuali ci sia stata questa accusa, però l'ho trovato un modo un po' infelice di ricordare un martire dell'antimafia. La stessa reazione l'ha avuta Nando Dalla Chiesa che ha interrotto l'onorevole Pecorella dicendogli: "difendi pure Dell'Utri ma non infangare i morti ammazzati dalla camorra". Finita la trasmissione, fuori dagli studi decido, proprio per passione civile, di chiedere all'onorevole Pecorella di chiarirmi meglio questo fatto. Dario che era con me aveva con sé una telecamerina digitale, quindi la accende, nel momento in cui esce l'onorevole Pecorella io lo saluto, gli dico: "buonasera onorevole, posso farle una domanda?" lui risponde: "no!" Allora io gli dico: "semplicemente un chiarimento in merito a quanto detto prima sulla morte di Peppino Diana". In quel momento una signora che si qualifica come moglie dell'onorevole mi si pone davanti e mi dice: "cosa volete da mio marito? Lui ha gia risposto!" perché faccio queste domande al marito: "le vada a fare a Saviano..." nel frattempo Dario stava continuando a riprendere l'onorevole Pecorella che non diceva nulla, a un certo punto la signora si pone anche davanti alla videocamera di Dario, gli dice le stesse cose: "...andate via!" ci dà dei cretini e dei poveracci. Lo stesso Pecorella ad un certo punto, preso dalla rabbia si avvicina a Dario, gli dà del cretino e gli tira uno schiaffo sulla telecamera chiudendogli lo sportello. In quel momento anche Nuzzi interviene dice: "no no basta" a noi, allontana l'onorevole Pecorella, sinceramente in quel momento lì abbiamo deciso di andarcene perché l'obiettivo nostro era quello di fare una domanda che ovviamente non riguardava la privacy dell'onorevole Pecorella, la quale non ci interessa minimamente, e avere una risposta in merito ad una dichiarazione che io trovavo da chiarire! Questo non è successo, ce ne siamo andati, io a casa mia, Dario a casa sua, Dario non considerando il video di rilevante importanza non lo ha nemmeno scaricato nel computer, tenendolo nella telecamerina, sta di fatto che giovedì mattina, alle 6:30, Dario riceve la visita di tre poliziotti con un mandato di perquisizione per sequestrare il corpo del reato che era questa cassettina. Che poi era la schedina della telecamera. Si ritrova querelato per violazione della privacy dall'onorevole Pecorella e viene portato in commissariato dove gli fanno vedere una foto mia chiedendogli chi sono, lui poi mi fa presente per telefono quello che è successo io rimango sbigottito. Ad un certo punto durante la mattinata ricevo anch'io una telefonata da parte dei Carabinieri di Vimodrone, comune in cui vivo, mi invitano a presentarmi per parlare col comandante, io nel pomeriggio mi reco presso la caserma dei Carabinieri e mi consegnano un verbale dove mi si attesta che sono indagato per concorso in violazione della privacy dell'onorevole Pecorella.Il mio amico è stato querelato perché aveva una telecamera in mano mentre io sono indagato per concorso in violazione della privacy essendo l'altra persona, quello che faceva le domande. Non credo assolutamente di aver fatto nulla di sbagliato, di aver infranto la legge, credo che oggi il giornalismo non sia quello che deve essere, non soddisfa i miei bisogni e quelli di tanti cittadini di sapere la verità, e di rivelare magari realtà scomode ma che comunque bisogna ricordare.

blog: la cassettina è stata sequestrata?

A.D.: Sì

blog: per cui non avete nemmeno potuto pubblicare quello che avete girato

A.D.: assolutamente! visto quello che era...

blog: perciò questa azione, secondo voi, a cosa è servita?

A.D.: bè, se devo dire la mia opinione è stato un chiaro atto di intimidazione da parte di un potente verso 2 signori nessuno che volevano fare una domanda e che probabilmente hanno toccato un nervo scoperto

blog: vuole lanciare un messaggio all'onorevole Pecorella?

A.D.: il messaggio che vorrei lanciare è semplicemente che non mi trovo nell'accusa che mi ha fatto, non mi sento colpevole, non credo di avere violato la sua privacy, non credo di essere colpevole di nulla. Quello che faccio lo faccio per passione civile, per informarmi e informare. La cassetta, visto la reazione che avete avuto, non aveva alcun valore, né di informazione né d'altro

blog: colpisce la velocità di azione

A.D.: colpisce molto la velocità perché da lunedì se non sbaglio lui ha fatto la querela martedì e già giovedì la Polizia si è presentata in casa di Dario, che voglio dire è anche un bravissimo ragazzo che poteva avere in casa la famiglia, per fortuna in quel momento era da solo, poteva trovarsi in una situazione imbarazzante senza aver fatto nulla di male. Trattato come un criminale.

blog: un'azione di questo tipo vi inibirà per il futuro oppure è come se non fosse successo nulla per cui alle prossime occasioni. Continuerete a fare domande?

A.D.: continuerò a fare domande perché, ripeto, è una cosa che mi viene da dentro, informarmi e informare credo sia un dovere e un diritto. Non invaderemo mai la privacy, cercheremo di non infrangere mai la legge, non è il nostro obiettivo perché senno sarebbe stupido quello che facciamo, quindi anche se non fa piacere ricevere una querela da un personaggio così importante la cosa non è...

blog: sotto inchiesta tra l'altro

A.D.: sotto inchiesta tra l'altro e infatti ho evitato di parlare di questo perché non era inerente al fatto, però diciamolo, è un'intimidazione che però non mi fermerà. Non ci fermerà.


Non c’è bisogno di essere eroi, basterebbe ritrovare il coraggio di aver paura, il coraggio di fare delle scelte, di denunciare. (don Peppe Diana)