Videocracy farà certamente discutere alla prossima mostra del cinema di Venezia, dove non sarà proiettato nel concorso ufficiale, ma nelle due sezioni autonome, la Settimana Internazionale della Critica (SCI) e le Giornate degli Autori, che hanno scelto il film, rifiutato dalle altre.
documentario, prodotto dalla svedese Atmo con la danese Zentropa e poi distribuito dalla Fandango, è diretto da Erik Gandini e racconta in ottanta minuti, attraverso la forma del reportage, l’Italia berlusconiana con i suoi cambiamenti.
Non è una pellicola su Berlusconi, ma sull’Italia berlusconiana, sottilinea il cineasta: è l’Italia delle veline, dei tronisti e di gente smaniosa solo di apparire, dove la televisione ha preso il posto della democrazia.
Sarà certo che la tesi sposata dal regista (la stessa di Nanni Moretti ne Il caimano: “Berlusconi ha già vinto, ci ha cambiato la testa trent’anni fa”) farà parlare di se. E non solo al Lido dove Videocracy sarà l’evento del 3 settembre.
Fin qui la notizia nuda e cruda.
Ora il commento dalla rubrica Twitter di Antonio Padellaro:
La Rai rifiuta di mandare in onda il trailer di Videocracy perché "è un film che critica il governo".
Nella lettera con cui la tv di Stato (in perfetto accordo, ci mancherebbe altro, con Mediaset) si prostra ai voleri del suo vero padrone Berlusconi (il film racconta l'ascesa della Silviotelevisione tra veline, letteronze e tronisti) si dice (traduciamo) che poiché il pluralismo alla Rai è sacro, se nello spot di un film si ravvisa una critica a una parte politica occorre subito bilanciare con il messaggio di un film di segno opposto. Raramente l'intelligenza di avvocati e dirigenti si era a tal punto prostituita al ridicolo pur di salvarsi la poltrona.