venerdì 5 settembre 2008

Giuditta e Oloferne

Giuditta era una vedova ebrea che viveva nella città di Betulia, assediata a quel tempo dall’esercito babilonese di Nabucodonosor, comandato dal generale Oloferne. La Bibbia narra che Giuditta, bellissima donna, si presentò al campo nemico e dopo un banchetto in cui Oloferne si ubriacò, entrò nella sua tenda e lo decapitò con due colpi di spada. Una delle poche storia bibliche in cui è una donna ad essere celebrata come salvatrice della patria.
Per quanto poco conosciuta, questa storia ha influenzato molti pittori come Mantenga, Botticelli, Michelangelo, nonché Caravaggio. Di tutte le interpretazioni pittoriche di questa sanguinaria parabola, quella che mi ha colpito di più è stata la versione di Artemisia Gentileschi. Due parole su di lei.
Artemisia Gentileschi nacque a Roma l’8/7/1593. Primogenita del pittore Orazio Gentileschi e di Prudentia Montone. Istruita per diventare un'artista dimostrò abilità verso la pittura.
Seguendo e lavorando insieme al padre potè conoscere diversi pittori, tra cui Caravaggio e il nipote di Michelangelo. Fu violentata dal suo maestro di prospettiva Agostino Tassi, col quale in seguito ebbe una relazione, nella speranza che lui la sposasse, cosa che non avvenne poiché lui aveva già una moglie. Per l'epoca non essere sposata e non essere vergine corrispondeva in qualche modo ad una condanna sociale. Agostino Tassi all'inizio promise di riparare con un matrimonio ma in seguito dichiarò che la ragazza era inaffidabile sostenendo che era già stata con altri uomini. Dopo il processo Artemisia continuò a dipingere e incominciò a sviluppare uno stile più personale.
Di questo periodo è il quadro 'Giuditta che decapita Oloferne', che probabilmente rispecchiò lo stato d'animo che la sconvolse durante il processo. Nonostante sia evidente l’influenza di Caravaggio nello stile di Artemisia, se paragoniamo i due quadri non si può non notare la violenza che sprigiona dal quadro di Artemisia.
La Giuditta di Caravaggio, è forse più delicata nei lineamenti ma non riesce a comunicare tutta la violenza dell’azione che sta compiendo.
La storia di Giuditta ha influenzato anche il regista Michael Winterbottom che narra una variante moderna e altrettanto violenta della storia biblica col film del 1994 Butterfly kiss.
È la storia di Eunice, una psicopatica sadomasochista che gira per l'Inghilterra vestita con un cilicio fatto di catene cercando la sua Judith e una misteriosa canzone. Uccide chiunque faccia sesso con lei, tranne Miriam, una sprovveduta con la quale instaura una relazione di amore e dominio. Quando Miriam trova la canzone misteriosa, Eunice riconosce in lei la sua Judith e si fa uccidere da lei. Una storia terribile e angosciosa con un finale a modo suo poetico.
Di tutte le interpretazioni e rielaborazioni artistiche fatte di questa leggenda, quella che preferisco, a parte quella di Artemisia, rimane la versione di Klimt intitolata Judith II / Salomè, un nome ambivalente che ricorda due donne cacciatrici di teste, Giuditta e Salomè….ma questa è un'altra storia.