venerdì 19 settembre 2008

Romanzo criminale: la storia di don Gelmini


Io se fossi Dio e sapessi tutte le cose che sa lui…avrei un’ulcera perforata e non solo la gastrite.
Tempo fa ho comprato un libro che mi aveva consigliato la mia amica Silvia. Autrice Vania Lucia Gaito, titolo: Viaggio nel silenzio, i preti pedofili e le colpe della chiesa, edito da ChiareLettere.

Tra le tante storie di atrocità commesse da criminali vestiti da uomini di dio, c’è la storia di don Gelmini, prete antidroga che ha fondato la Comunità Incontro ad Amelia (Umbria) e pian piano ha colonizzato mezza regione con le sue comunità. Conoscevo già i ‘metodi’ di disintossicazione che adottava la comunità: pregare, pregare e pregare. Conoscevo anche la profonda misoginia della struttura avendo avuto persone a me vicine che avevano sperimentato di persona l’impossibilità di entrare nella comunità poiché donne, anche quando il ricoverato era un fratello. Questo perché la donna è un essere abietto, fonte di tentazione, sporca e pericolosa. Sembrerebbe quasi che, secondo il clero, questo concentrato di male sia stato creato da dio solo per mettere alla prova l’uomo (maschio), figlio diletto… ma anche povero stronzo che non è in grado di trattenere le pulsioni del suo sesso. Non è comunque della misoginia del clero che voglio parlare, quanto piuttosto della curiosa storia di un uomo osannato da alcuni e maledetto da tanti altri. La storia che ho letto sul libro parla, attraverso la voce di Bruno, di pedofilia e di reati finanziari commessi dal nostro caro don molto prima che le cronache gli balzassero addosso con le accuse di molestie che tutti conosciamo.

Nato a Milano, ma ordinato sacerdote a Grosseto poiché a Milano aveva avuto problemi a causa di accuse di molestie nei confronti di ragazzi dell’Azione Cattolica. Il fratello Eligio Gelmini era un pezzo grosso del clero e il nostro don ha vissuto nella sua ombra per un bel po’, fin quando non divenne segretario del cardinale Copello, arcivescovo di Buenos Aires e in seguito Cancelliere di Santa Romana Chiesa. Un posto prestigioso che consentì al suo segretario, il nostro don G, di comprare nel 1965 la tenuta di Caviggiolo, con maniero e riserva di caccia, nel Mugello. Fu comprata da don G con 200 milioni di lire pagati con assegni scoperti per i quali il tribunale gli inflisse 3 mesi di galera. Era solo l’inizio.
Nel 1968 si faceva chiamare monsignore anche se non lo era, tanto che il Vaticano lo diffidò e lo sospese a divinis, per poi reintegrarlo a tutti gli effetti.
Nel 1969 si trasferì all’Infernetto (Roma) in una villa con giardino, piscina, tre inservienti e una Jaguar parcheggiata all’interno. Il 13 novembre 1969 fu arrestato dai carabinieri per assegni a vuoto, truffa e fallimento di una cooperativa di costruzioni di cui era tesoriere, che doveva erigere abitazioni al quartiere EUR di Roma. Fu coinvolto anche nelle indagini sulla ditta di import-export tra Italia e Argentina nata grazie all’amicizia con il cardinal Copello. In breve se la diede a gambe all’estero, in Vietnam, dove l’arcivescovo di Hué e la vedova del presidente Diem lo denunciarono per appropriazione indebita. Tornò in Italia dove scontò 4 anni di galera. Anche qui si distinse nei comportamenti disinibiti, tanto che il direttore del carcere dovette più volte isolarlo. Non durò molto fuori di galera dato che nel 1976 tornò in galera ad Alessandria, accusato insieme al fratello, di aver preso bustarelle per 50 milioni da Vito Passera, imprenditore in difficoltà che cercava raccomandazioni ecclesiastiche dai fratelli G per diventare console onorario in Somalia ed avere facilitazioni nel commercio di burro tra USA e Africa. Nel 1979 si fece assegnare in comodato per 40 anni il frantoio ‘Mulino SIlla’ che trasformò in struttura per il recupero di tossicodipendenti. In seguito cominciò ad acquistare possedimenti in tutta l’Umbria: piccoli casali, boschi, uliveti e fabbricati vari, trasformandoli in grandi strutture senza curarsi dei permessi. Ci fu anche una segnalazione alla procura ma fu tutto messo a tacere con una sanatoria.
La storia raccontata da Bruno comincia nel 1968, quando lui era un ragazzetto sbandato che viveva per strada e all’occorrenza si prostituiva. Don G all’epoca era amico di un vescovo francese omosessuale e insieme facevano i samaritani di ragazzi di strada. Li facevano mangiare, li portavano all’Infernetto, li facevano lavare e poi cominciavano quelli che don G chiamava ‘scherzi da prete’, che finivano sempre con il sesso. Le prime segnalazioni sul vizietto del don al Mulino Silla risalgono al 1991 quando la procura, indagando sulla morte di un ragazzo venne a sapere dal fratello di questi che era stato abusato durante la disintossicazione alla Comunità Incontro. Nel 2003 un altro ragazzo raccontò in una lettera la stessa storia. Il resto è storia recente anche se nessuno parla delle violenze sui bambini tailandesi e boliviani (fatti emersi durante le indagini del 2007).
Voglio aggiungere un paio di aneddoti a questo lungo post. Il primo è per capire come l’omertà sia un fenomeno che non riguarda solo la gente ignorante o debole ma anche sedicenti intellettuali per i culi dei quali ce l’avrei io una cura medievale (tanto per citare Marcellus Wallace di Pulp fiction); il secondo è per capire fino a che punto si possa spingere il delirio di onnipotenza di un prete che spero bruci presto all’inferno (ed è un’atea a dirlo).

Vittorio Messori è uno scrittore cattolico che ha pubblicato libri scritti insieme a Giovanni Paolo II e poi a Benedetto XVI. L’11 agosto 2007 sulla Stampa Messori dixit: “Un uomo di chiesa fa del bene e talvolta cade in tentazione?e allora? se don Gelmini ogni tanto avesse toccato un ragazzo ma di questi ragazzi ne ha salvati migliaia? La chiesa ha beatificato un prete denunciato a ripetizione perché ai giardini pubblici si mostrava nudo alle mamme. Queste storie sono il riconoscimento della debolezza umana che fa parte della grandezza del Vangelo. (…) c’è chi non sa resistere agli spaghetti all’amatriciana, chi non sa esimersi dal fare il puttaniere e chi, senza averlo cercato, ha pulsioni omosessuali. E poi su quali basi la giustizia santifica l’omosessualità e demonizza la pedofilia? Chi stabilisce la norma e la soglia d’età?” Ecco! Questo è il quasi teologo Vittorio Messori. Non dimenticate mai questo nome e queste parole.

Passiamo al secondo aneddoto. Nel 1987 don G fu nominato esarca mitrato del patriarcato di Antiochia e tutto l’Oriente, riconoscimento conferito dalla chiesa greco-melchita cattolica. Ovviamente onorificenza fittizia. Da quel momento il nostro super-don si è fatto chiamare Esarca da tutti, indossando i paramenti greci. Dopo la bufera di accuse da parte di troppi ragazzi per considerarle false e dopo le prove che questi portarono sui versamenti in denaro per far ritirare le denunce e le intercettazioni che confermavano il tentativo di corruzione, il don tornò da una vacanza in Aspromonte e, osannato dalla folla di ragazzi della comunità disse: “Credevano che don Pierino mollasse. Pensavano di avere a che fare con un coniglio invece hanno trovato un cane che morde. Volevano prendersi la comunità. Ah! Ah! Io li benedico nel nome del padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen” e poi fece il gesto dell’ombrello davanti alla platea di giornalisti.
Non dimentichiamo quest’uomo ignobile, altrimenti in futuro ce ne troveremo un altro uguale.