Un orizzonte degli eventi è in parole povere il ‘confine’ del buco nero, oltre il quale tutto viene risucchiato, anche la luce. Event Horizon è anche il titolo del film diretto da Paul Anderson nel 1997 e uscito in Italia nel 1998 col titolo di ‘Punto di non ritorno’. La Lewis e Clark, una nave di recupero si avvicina a Nettuno per esplorare la Event Horizon, astronave scomparsa misteriosamente anni prima vicino all’orbita di Nettuno. Il gigantesco mezzo è apparentemente vuoto ma qualcosa di orribile è tornato insieme alla nave. A dirla tutta non c’è una presenza fisica nella nave, ma è la nave stessa ad essere cambiata. Dopo aver attraversato l’universo ed essere approdata in una dimensione di puro caos, la Event Horizon è mutata, si è evoluta in qualcosa di nuovo. Ed è tornata solo per poter riportare con sé, nell’universo caotico che l’ha arricchita di incubi, un nuovo equipaggio da sacrificare.
Questo film racchiude il meglio di due filoni cinematografici che tanto appassionano: l’horror e la fantascienza. È nato dalle menti di professionisti che hanno raccolto l’eredità di Alien, con le sue ambientazioni gigantesche e claustrofobiche al tempo stesso, e di horror come L’esorcista e Hellraiser, con i loro corpi mutati e deformati dal male puro che cerca di uscire dalla sua dimensione priva di controllo per minacciare l’ordine della nostra. La sceneggiatura originale prevedeva la presenza di alieni tentacolati che si impadronivano della nave, giunta nel loro spazio oltre i confini dell’universo. Paul Anderson però ha voluto cambiare la storia perché nel suo immaginario esiste un solo alieno nella cinematografia contemporanea: Alien. Fan accanito di Ridley Scott, sentendo di non poter eguagliare il suo idolo, ha ideato un horror fantascientifico: un’astronave posseduta, evocatrice di incubi che attinge direttamente dalle menti dell’equipaggio che la occupa. Decisa a tornare nell’universo che l’ha mutata, la nave è però ancora legata al suo creatore, l’ingegnere progettista Weir, il quale ha concepito il suo inquietante sistema di propulsione che è anche la porta attraverso cui la dimensione caotica fà il suo ingresso nella nostra. La gigantesca sfera della Event Horizon, circondata da anelli che girano vorticosi fino a mettersi in linea ed evocare il Caos, ci ricorda un po’ la diabolica scatola di Hellraiser, con la sua meccanica complicata ed infernale.
La nave è la vera protagonista del film e come tale è stata trattata. È interessante sapere come è stata concepita per capire l’esatta natura del messaggio che il film intende mandare. Anderson si è ispirato alla struttura delle cattedrali gotiche e in particolare a Notre Dame. Ogni scena richiama l’estetica del gotico. I propulsori laterali della nave sono stati creati basandosi sulle torri di Notre Dame. Il corpo centrale della nave è stato disegnato copiando la navata centrale della chiesa.
Prendiamo ad esempio la scena della crocifissione di D.J. in infermeria. La vista frontale sembra un trittico di vetrate al centro delle quali c’è il crocifisso in una posizione comunque blasfema, essendo appeso. L’infermeria stessa è incorniciata da colonne che sostengono le arcate del soffitto.
La nave è la vera protagonista del film e come tale è stata trattata. È interessante sapere come è stata concepita per capire l’esatta natura del messaggio che il film intende mandare. Anderson si è ispirato alla struttura delle cattedrali gotiche e in particolare a Notre Dame. Ogni scena richiama l’estetica del gotico. I propulsori laterali della nave sono stati creati basandosi sulle torri di Notre Dame. Il corpo centrale della nave è stato disegnato copiando la navata centrale della chiesa.
Prendiamo ad esempio la scena della crocifissione di D.J. in infermeria. La vista frontale sembra un trittico di vetrate al centro delle quali c’è il crocifisso in una posizione comunque blasfema, essendo appeso. L’infermeria stessa è incorniciata da colonne che sostengono le arcate del soffitto.
Lo stile gotico, inserito nella struttura della nave (come dice Anderson: ‘Abbiamo scomposto Notre Dame per costruire un’astronave’) serve a sottolineare la filosofia su cui poggia la storia. L'equipaggio della Lewis e Clark, viene suo malgrado condotto in un viaggio metafisico verso l’inferno: se la Divina Commedia è stata letta come un iter mentis in Deum ossia un viaggio della mente verso Dio (o la Perfezione Metafisica), quello dell’Event Horizon è un iter mentis in Inferis, un viaggio metafisico verso l’Inferno, il Caos puro. Lo stesso comandante del vecchio equipaggio scomparso della Event Horizon registra il suo ultimo messaggio in latino dicendo, con sarcastica ironia: ‘Liberate vos ex inferis’ , Salvatevi dall’inferno. Il paragone con la sorte di Ulisse nel canto XXVI dell’Inferno di Dante è obbligatorio. Come Ulisse viene punito per aver superato le colonne d’Ercole, limite ultimo consentito dalla ragionevolezza umana, e al di là delle quali si estende l’ignoto, così l’equipaggio dell’Event Horizon sarà punito per aver osato superare le colonne d’Ercole del sistema solare fino a giungere in un oscuro e maligno spazio ignoto. Si affaccia qui un antichissimo concetto derivato dalla cultura greca: la Hybris, la Tracotanza dell’uomo che tenta di superare quei limiti, che forze superiori a lui hanno stabilito (l’ordine del creato chiamato in greco Logos), e per questo va incontro ad una fine terribile e inevitabile. Pensiamo a Prometeo che ruba il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, ad Icaro che tenta un volo verso il sole, a tutti quei personaggi che sfidano gli dèi per assomigliare loro e per questo vengono schiacciati. Nel film la tracotanza di Weir lo porterà a subire una mutazione terribile. Lui stesso sarà, come la sua nave, un veicolo del male. Il suo corpo si copre di oscuri simboli demoniaci, la sua mente si perde e lui tenterà in ogni modo di aiutare la sua nave a tornare nel caos.
Il film è pieno di immagini sconvolgenti. C’è una brevissima sequenza in cui Sam Neil/Weir indemoniato impone le mani sulla testa di Lawrence Fishburne/Capitano Miller facendogli vedere la sorte toccata al precedente equipaggio. È una carrellata terribile di corpi mutilati, torturati e divorati.
Per realizzare questa sequenza Anderson si è ispirato ai lavori del fotografo Joel Peter Witkin definito non a caso lo Hieronymus Bosch della fotografia. Cito un articolo della webzine Nadir che definisce Witkin nella sua essenza: “Witkin inietta dosi letali di caos ed irrazionalità fuori controllo nelle vene dell'ordine prestabilito; sbatte in faccia al perbenismo i suoi incubi peggiori, burlandosi dei patetici sforzi con cui la società tenta di coprirsi gli occhi, terrorizzata dal suo stesso provare terrore”.
Termino l’infinita disamina su quest’opera d’arte della cinematografica parlando del marchio indelebile che Event Horizon ha lasciato nell’immaginario di molti. Chi di voi ama i videogiochi non può non aver sentito parlare di Doom 3 (cliccate qui per leggerne la recensione), gioco che molto deve alla trama di Anderson. In questo sito troverete la mappa dell’Event Horizon per implementare il gioco originale. Una vera chicca!
Qualcuno di voi forse conoscerà Celestia, programma in 3D di simulazione dello spazio stellare. Se andate qui troverete degli Addon al programma che vi consentiranno di inserire l’Event Horizon alla deriva, oltre naturalmente ai vari veicoli spaziali dell’universo di Star Trek e la Nostromo del film Alien.