mercoledì 22 aprile 2009

L'immoralità dei moralizzatori


Io se fossi Dio farei un salto all'Istituto Provolo per regolare i conti.

Mentre dai pulpiti vaticani piovono condanne sull'interruzione di gravidanza, sull'uso degli anticoncezionali e del profilattico, sulla ricerca sulle staminali, sul diritto a morire con dignità rifiutando l'accanimento terapeutico, vicende davvero gravi, che coinvolgono il clero, passano in sordina.
Dal blog di Vania Lucia Gaito, autrice di Viaggio nel silenzio, Edizioni Chiare lettere:

"L'istituto Provolo è stato, fino alla metà degli anni Ottanta, un istituto per ragazzi sordi. Una specie di collegio dove si studiava, si mangiava, si faceva vita comunitaria, si dormiva in grandi camerate. Entravano a sei, sette, dieci, dodici anni. E avrebbero dovuto ricevere cure, educazione e sostegno. Invece ricevevano violenze e abusi. Le testimonianze sono raccapriccianti. Rapporti sodomitici nei bagni, nelle camere dei preti, in confessionale, sotto l'altare. Le vittime che hanno denunciato gli abusi sono 67, un numero impressionante. Violentati da sacerdoti e fatelli laici, da soli o in gruppo, costretti con punizioni fisiche e con percosse. Accusato anche un alto prelato, molto famoso a Verona, da un ex allievo, Bruno: seconda la testimonianza resa dalla vittima, due sacerdoti accompagnavano Bruno nel palazzo dell'ecclesiastico dove l'alto prelato abusava di lui. Ma non era il solo accusato: Bruno ha fatto nomi e cognomi di altri 15 sacerdoti e confratelli. E Bruno non è il solo.Bambini provenienti da famiglie povere, colpiti da sordità, che spesso fra le mura dell'istituto sono stati costretti a rimanerci fino ai 18 anni. Bambini ai quali la vita aveva già tolto molto.
Ma ormai, per la legge italiana, i reati sono caduti in prescrizione. E gli unici che possono prendere provvedimenti sono i religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria, che hanno sempre gestito l'istituto, e la Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha avocato a sè i procedimenti di questo genere fin dal 2001, con la lettera "De delictis gravioribus" firmata dall'allora cardinale Joseph Ratzinger. Così, le vittime si sono rivolte ai superiori della Compagnia di Maria, al vescovo di Verona, ai vertici del Provolo: non chiedono nè risarcimenti economici nè condanne penali. Chiedono solo che i sacerdoti e i confratelli che avrebbero usato loro violenza, e sono almeno 25, siano allontanati. E' ovvio che non stiamo parlando di "casi isolati", come finora hanno tentato di farci credere i vari monsignor Rino Fisichella e le alte gerarchie vaticane. Perchè 25 casi isolati, tutti all'istituto Provolo, pare vadano oltre i più fantasiosi calcoli probabilistici.

Le vittime, riunite in associazione, hanno avuto almeno tre incontri col vescovo veronese, e diversi incontri coi vertici del Provolo. Raccontano un incontro con don Danilo Corradi, superiore generale dell'Istituto, durante il quale, di fronte a 50 ex allievi, don Danilo ha "chiesto 12 volte scusa, per gli abusi commessi dagli altri religiosi. I testimoni ricostruiscono una riunione dai toni drammatici: don Corradi che stringe il capo fra le mani, suda, chiede perdono, s'inginocchia." Un incontro che don Danilo nega, sostenendo di aver solo "sentito qualcosa" e di essere arrivato all'istituto solo nel 2003.

Dal vescovo, invece, ci andarono in 52. Pochi mesi prima, a settembre, avevano inviato una raccomandata al vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti. Senza risposta.

Ma monsignor Zenti, evidentemente non soddisfatto da quello che le vittime avrebbero già subito, aggiunge l'infamia di un'accusa pretestuosa: "Per quanto attiene l'accusa di eventuale pedofilia, rivolta a preti e fratelli laici, che risalirebbe ad alcune decine di anni fa, la diocesi di Verona è del tutto all'oscuro" ha affermato rispondendo alle domande del giornalista dell'Espresso. "A me fecero cenno del problema alcuni di una Associazione legata al Provolo, ma come ricatto rispetto a due richieste di carattere economico, nell'eventualità che non fossero esaudite. (...) Il meccanismo è ben conosciuto, fin dai tempi di Voltaire: "Calunniate, calunniate, qualcosa resterà". I bambini del Provolo non solo avrebbero dovuto subire percosse, violenze e abusi, ma da adulti, quando hanno osato rendere pubblico quanto sarebbe loro accaduto, vengono accusati di essere dei ricattatori. (...)

Una voce, quella delle vittime, soffocata dalle voci di chi grida più forte e solleva polemiche che non riguardano la legislazione di uno Stato ma la coscienza dell'individuo. Solo che al Vaticano non interessa parlare alle coscienze, da molto tempo il dialogo non è più con i cattolici, sebbene alcuni lo credano. Non basta, alle alte gerarchie, imporsi in termini di fede e di coscienza. Perchè quello che vediamo ogni giorno non è una Chiesa che parla ai suoi seguaci, ma una Chiesa che intende dimostrare a tutti la propria supremazia, la propria influenza, il proprio potere. Una Chiesa che di "ecclesiale" non ha più nulla e che, pur difendendolo a parole, sta nei fatti cancellando il Concilio Vaticano II.

Una Chiesa che ha la pretesa di prevaricare l'individuo, imponendogli con le leggi dello Stato quello che molti cattolici non si lasciano più imporre dalla "legge morale" della Chiesa. Parole, dunque. Prediche che vengono da pulpiti screditati dai fatti. Da pulpiti che pretendono l'impunità per le proprie colpe e al contempo pretendono di additare, vagliare, giudicare e condannare le idee e i comportamenti altrui.

E lo fanno in nome di una parola divina strumentalizzata a propria convenienza, storpiata, resa monca del suo vero messaggio d'amore.

In nome di una "ecclesia" in cui lo stesso Cristo non si sarebbe mai riconosciuto."